L'emozione può essere una combinazione di colori geometricamente accostati.
Così [ap]pare
Giò Tanchis ( al secolo Walter Marchionni) nasce a Villacidro, Sardegna, nel 1963 . Esordio nel 2005 con le prime esposizioni, ma è nel 2007 che raggiunge una discreta notorietà con alcune esposizioni in Costa Smeralda a Porto Rotondo e Porto Cervo. Nell’Ottobre dello stesso anno è invitato da Vicente Urbina Sassu, responsabile dell’archivio Sassu, ad esporre le proprie opere insieme ad alcune incisioni del maestro Sassu. Nel gennaio del 2008 la sua prima personale nel Centro Culturale d’Arte “ Exmà” del Comune di Cagliari.
La mostra “Spagna-Sardegna Viaggio pittorico” con il patrocinio dell’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Spagna in Italia , allestita nella Galleria Lazzaro by Corsi di Milano al Broletto. In contemporanea viene allestita con il Patrocinio del Comune di Sassari la mostra “Magma, nero … basalto” nella Sala Duce di Palazzo Ducale in Sassari.
Dedica una mostra a Villacidro con l’esposizione “Io.Villacidro.I miei colori” esponendo per la prima volta alcune tele con la figura umana; atleti variopinti simboleggianti uno spirito di libertà che svilupperà successivamente con la
mostra al Lazzaretto di Cagliari.
Nello stesso anno la rivista ufficiale del SUMMIT G8 , editore Prestige Media USA , in occasione dell’appuntamento italiano a L’Aquila, grazie ad Arabella Patrick, lo inserisce con un pubbliredazionale, quale rappresentante dell’arte
italiana figurativa.
Viene invitato dal Comune di Cagliari per esporre nella Sala principale del Centro d’Arte e Cultura “Il Lazzaretto” ; qui si allestisce la mostra “Spirito Indomito”, improntata prevalentemente sulle figure del toro e del cavallo.
Allestisce la mostra “Spirito Indommito” nelle Sale del Palazzo del Collegio Rraffaello ad Urbino con il Patrocinio del Comune di Urbino, del Legato Albani e della Regione Sardegna.
Mostra personale nelle prestigiose sale del Museo “Ca La Ghironda” di Zola Predosa Bologna, presentata e curata dal Prof. Martani.
Nell’approccio alla realizzazione delle opere per la mostra a Carbonia, inizialmente proteso verso una rappresentazione del minatore come eroe ma anche gladiatore (nel suo lavoro quotidiano all’interno delle viscere della terra), l'artista sviluppa una visione della città stessa come luogo magico. Per l’artista scatta una molla che produce una radicale trasformazione nella idea stessa dell’opera; non più linee sinuose che materializzano tori o cavalli e figure, ma linee rette e diagonali che , come per una mutazione genetica, ribaltano il concetto di spazio e volume. Su questi temi vengono allestite nel 2015 due mostre.
Mostra “Enigma metafisico - Carbonia Abbacinante” Grande Miniera Serbariu patrocinio Comune di Carbonia.
Mostra “Enigmi abbacinanti” Archivio Galleria Lazzaro di Milano presentazione Alessandra Redaelli.
Mostra “Enigmi abbacinanti” Officine del Design Roma.
La sua pittura allora era come una fiammata. Il rosso, per primo, ti prendeva, ti avvinceva a sè, ti catturava per sempre. E lì per lì non stavi nemmeno a preoccuparti di che cosa quel rosso rappresentasse. Perché quello era “il” rosso: era passione, amore, calore torrido e anche sangue. Era qualcosa di primordiale che avevi dentro e che forse nemmeno sapevi di avere, ma che immediatamente riconoscevi lì, su quella tela, e ti ci perdevi come in uno specchio fatato. E poi c’era il nero..leggi tutto
La passione e la ragione
di Alessandra Radaelli
Walter Marchionni è un artista potente e anche un uomo vulcanico e instancabile. Talmente pieno di idee, di illuminazioni improvvise, di progetti da realizzare e di energie che un’identità sola non gli basta: ce ne vogliono almeno due. Ecco allora che diventa Giò Tanchis, pittore dalla personalità passionale, innamorato del colore e della luce, profondamente mediterraneo e latino. E’ così che l’ho conosciuto, oramai diversi anni fa quando lo intervistai la prima volta per la rivista Arte. La sua pittura allora era come una fiammata. Il rosso, per primo, ti prendeva, ti avvinceva a sè, ti catturava per sempre. E lì per lì non stavi nemmeno a preoccuparti di che cosa quel rosso rappresentasse. Perché quello era “il” rosso: era passione, amore, calore torrido e anche sangue. Era qualcosa di primordiale che avevi dentro e che forse nemmeno sapevi di avere, ma che immediatamente riconoscevi lì, su quella tela, e ti ci perdevi come in uno specchio fatato. E poi c’era il nero: profondo, assoluto, dilagante. Quel nero che non è colore ma è al contempo tutti i colori, è possibilità, esplorazione e perdizione, ombra seducente e forse fatale, ma irresistibile come la tentazione del serpente nel giardino dell’Eden. Più in là, come un’ancora di salvezza, si apriva uno spiraglio giallo di sole. Era il sole mediterraneo, il sole della Sardegna, il sole che scotta la pelle fino quasi a farla cuocere, ma al quale non è possibile sottrarsi perché i suoi raggi arrivano a penetrare fin dentro l’anima e scaldano quei punti oscuri e disperati che avevamo cercato di dimenticare. E infine una lama bianca. Un’ala, forse solo un’apparizione. Con dentro la speranza di una possibile redenzione. Erano lavori di una suggestione incantevole, costruiti in campiture piatte e piene, dense, che facevano venire quasi voglia di affondarvi dentro la mano. Solo dopo un po’, lentamente, passato questo primo impatto, si cominciava a leggere la storia che raccontavano, a cercarvi una trama. E la trama era quella della tauromachia, era l’impennarsi improvviso di un cavallo. Scorci di iconografie antiche raccontati con una voce nuovissima e al tempo stesso intrisa di echi primordiali. Il cavallo era un profilo nero e pastoso stagliato su un cielo al tramonto. Il toro era massa scura, definita dalla lama candida delle corna e destinata a quel fondo rosso e grumoso di sangue. Non c’era bisogno di altro: la storia del mondo e dell’uomo era lì. Eppure quella pittura non è ancora, per Walter Marchionni, il punto d’arrivo. Nella vita vuole occuparsi d’arte in tanti altri modi: organizza mostre, si scopre appassionato curatore. Poi – e questa è storia abbastanza recente – realizza un sogno dando vita a Villacidro, in provincia di Cagliari, a un museo: il MAGMMA, Museo d’Arte Grafica del Mediterraneo che porta il suo nome. Ma non per questo smette di dipingere. Il suo lavoro si evolve, prima con una serie di opere dall’impatto più materico, quasi magmatico. E ora con i dipinti protagonisti di questa mostra. Ha dell’incredibile come l’artista sia riuscito a intraprendere una direzione completamente nuova e tuttavia a mantenere intatto il suo alfabeto, la sua poetica, la sua immediata riconoscibilità. Ora al centro del suo lavoro sono le città – Carbonia, in particolare. Le piazze ampie, le architetture pulite, nettissime come solidi geometrici, si raccontano qui in grandi campiture condotte su linee chiare e prospettive precise. Il graffio, l’assalto del toro, l’impennarsi improvviso del cavallo sono qui domati in partiture elegantissime dagli squisiti equilibri formali; e anche i colori si sono come pacificati in una sinfonia piana, sussurrata. Ancora le cromie sono ridottissime: il nero fondo dei cieli notturni o degli improvvisi tagli d’ombra; il rosso, ancora, ma più cupo di quello a cui ci aveva abituati l’artista, quasi contenesse qui una nota dolente; manca il giallo caldo del sole, e non è un dato da poco: la luce trova forma ora in un bianco dilagante, terribilmente malinconico; e fa il suo ingresso il blu. Un blu poetico e crepuscolare che addolcisce i toni e ha il sapore dell’elegia. Sono paesaggi profondi, infiniti. Scorci di una narrazione onirica che potrebbe cominciare varcando una di quelle soglie nere e vuote per ritrovarsi catapultati in un mondo altro, dove le proporzioni e i punti cardinali sono scompaginati. E se la prima suggestione è squisitamente metafisica (ma non la metafisica rutilante di De Chirico, piuttosto quella lirica e malinconica di Sironi), le radici di questi lavori sono antichissime e modernissime al tempo stesso: affondano nella città ideale di Piero della Francesca per poi sfiorare gli esiti quasi aniconici di un poeta della fotografia come Franco Fontana. E sta forse proprio in questa magica sintesi di emozioni estetiche la profonda fascinazione che emana da sempre dal lavoro di questo artista. Quello che ci incanta è la sua capacità di raccogliere in poche piane campiture di colore la profondità delle nostre emozioni più autentiche e di realizzare così il nostro ancestrale e primordiale bisogno di bellezza.